Niccolò Piccinni
L’ARTE DI ECCELLERE
Niccolò Piccinni (talvolta indicato con il nome di Nicola Piccinni o Piccini) è stato un compositore italiano e una figura centrale dell’opera sia italiana che francese della seconda metà del XVIII secolo; è considerato il padre dell’opera buffa a livello internazionale, uno dei più importanti compositori del Classicismo e uno degli ultimi grandi rappresentanti della scuola musicale napoletana.
Nacque a Bari il 16 gennaio 1728 ad «hore ventuno», figlio di Silvia Latilla (sorella dell’operista Gaetano Latilla) e Onofrio Piccinno (più tardi il cognome fu modificato in Piccinni), suonatore di violino e contrabbasso nella basilica di San Nicola. Poiché il padre di Piccinni, sebbene fosse anch’egli un musicista, si era opposto al fatto che il figlio seguisse la sua stessa carriera, l’arcivescovo di Bari, Muzio Gaeta II, entusiasta nel sentire il figliuolo suonare ripetutamente con melodici accordi il clavicembalo che si trovava nel suo palazzo, provvide a pagare i suoi studi musicali e lo inviò, a soli quattordici anni, al Conservatorio di Sant’Onofrio di Napoli, uno dei tre celebri istituti di musica dell’epoca.
Piccinni ebbe la fortuna di avere come insegnanti due tra i più noti direttori: Leonardo Leo e Francesco Durante, i quali, sin dalle prime prove date dall’alunno, intuirono la grandezza a cui egli sarebbe giunto come compositore. Nei primi quattro anni di attività del Real Teatro di San Carlo vennero eseguite opere del periodo fulgido napoletano, tra cui quelle di Piccinni, il cui nome spicca ancora oggi sull’imponente facciata che si affacciava su una palazzina di sei piani, dove visse il compositore con la sua famiglia.
Nel 1760, a trentadue anni, compose il suo capolavoro giovanile, La Cecchina, ossia La buona figliola, una graziosa opera buffa (dramma giocoso in due atti) che consacrò il talento dell’autore pugliese. Rappresentata per la prima volta al Teatro delle Dame di Roma, l’opera ebbe un trionfo immediato e travolgente su scala europea, con un incredibile numero di repliche fino agli inizi dell’Ottocento. Infatti, dal 1768 al 1776, il Teatro di Corte di Palazzo Reale di Napoli ospitò soprattutto rappresentazioni di opere buffe del repertorio piccinniano.
Nel 1776, Piccinni lasciò l’Italia alla volta della Francia, dove ricevette a Parigi la direzione del Théâtre-Italien e, l’anno successivo, su richiesta della regina Maria Antonietta, fu introdotto alla corte di Luigi XVI con la nomina di Maestro privato di canto e di clavicembalo. A Versailles ricevette gli omaggi dall’imperatore Giuseppe II d’Austria e a Parigi fu iniziato dalla regina stessa alla massoneria nella celebre Loggia delle Nove Sorelle, di cui facevano parte anche Benjamin Franklin, Thomas Jefferson e Voltaire.
Nel 1778, l’imperatore Qianlong fece costruire un teatro appositamente per allestire un adattamento de La Cecchina, ossia La buona figliola, portata in Cina dai gesuiti. Per un anno, l’imperatore ordinò alla corte di assistere quotidianamente a questa rappresentazione, che divenne così la prima opera occidentale a essere messa in scena nella Città Proibita.
Nel 1779, Piccinni diresse le musiche per l’elogio funebre del grande filosofo illuminista Voltaire, suo compagno d’officina. Tutti i suoi lavori successivi furono un successo, ma i direttori della Grand Opéra gli opposero deliberatamente Christoph Willibald Gluck, persuadendo i due compositori a trattare lo stesso soggetto contemporaneamente. Il pubblico parigino si divise in due, gluckisti e piccinnisti, quasi due fazioni in guerra. L’antagonismo tra il pubblico continuò anche dopo che Gluck lasciò Parigi nel 1780, ed un tentativo fu fatto successivamente per accendere una nuova rivalità con Antonio Sacchini. Piccinni continuò a essere popolare e, alla morte di Gluck nel 1787, propose che un monumento pubblico fosse eretto alla sua memoria. Nel 1784, Piccinni divenne professore all’Académie Royale de Musique, una delle istituzioni dalla quale il Conservatoire fu fondato nel 1794.
Allo scoppio della Rivoluzione francese, Piccinni tornò a Napoli, dove Ferdinando IV lo accolse, affidandogli la Scuola Reale di Canto; ma il matrimonio di sua figlia con un democratico francese lo condannò ad accuse di giacobinismo in tutto il regno, costringendolo a condurre un’esistenza di passaggio tra Roma e Venezia. Nel 1798, tornò a Parigi, dove il pubblico lo ricevette con entusiasmo. Napoleone Bonaparte, primo console, gli commissionò una marcia per la guardia consolare e creò per lui il titolo di ispettore dell’insegnamento al Conservatoire come “ricompensa nazionale”, onorificenza di cui poté godere per meno di un mese.
Piccinni morì a Passy, presso Parigi, il 7 maggio 1800. Fu sepolto nel cimitero parrocchiale, sotto una lastra tombale di marmo nero, realizzata dal suo allievo e discepolo Neveu su una precedente lapide di un ufficiale francese. I bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale devastarono completamente il cimitero parigino e le spoglie del compositore andarono perdute. Si salvò miracolosamente solo la lastra nera, recuperata negli anni Cinquanta da un museo francese e poi consegnata alla sua città natale.
Sono più di un centinaio le composizioni liriche attribuibili con certezza a Piccinni in quanto prolifico produttore di opere appartenenti alla scuola napoletana del XVIII secolo, sebbene i suoi ultimi lavori presentino l’influenza francese e tedesca. Oltre al suo operato musicale, furono popolari la sua bontà d’animo, la mitezza del carattere e la squisita gentilezza dei modi, che riuscirono a smussare le inimicizie più accese dell’epoca. Si distinse anche per il mecenatismo e il sostegno ai giovani, come Wolfgang Amadeus Mozart, del quale fu uno dei primi a intuirne il talento e a promuoverlo nelle corti europee.
A quasi trecento anni dalla sua nascita, la memoria del celebre compositore italiano continua a vivere tra le strade e i monumenti che onorano il suo nome, come il busto che lo raffigura, splendidamente collocato in una nicchia sulla facciata sud-ovest dell’Opéra Garnier di Parigi.
